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Sunday, July 31, 2011




Quegli anni passarono come in una tempesta: il rumore di fondo della tensione che attraversava il nostro mondo e la nostre vite rendeva impossibile una qualunque forma di riflessione o introspezione su quel che facevamo e perchè. A Berlino cadeva il Muro, da almeno quattro anni la manciata di rifugiati di cui avevo ancora notizie si stava riducendo sempre di più, asciugata da un rigagnolo costante di persone che tornavano in patria. Anche Max era tornato nella sua patria d'adozione; avevo letto del concerto di Amnesty con Peter Gabriel - che avevo accuratamente evitato di ascoltare da quel giorno per non arrivare col pensiero anche solo tangenzialmente a loro. Non fu difficile rimuovere quei lontani echi della mia prima  patria. I miei giorni erano una nebbia di fatica e alterazione psichedelica o alcolica e passavano come acqua, appena scalfiti dall'amicizia, forte con Nico e certo più blanda con tutti gli altri ragazzi; ma dividevamo talmente tanto e talmente duro che come i commilitoni di un'unità di guerra era difficile non sviluppare un senso reciproco di appartenenza.

Tutto finisce però: e tra le molte cose che finirono in quegli anni ( la guerra fredda, la prima repubblica, la dittatura di Pinochet ) finì anche la mia Odissea nella Camerieria, alla comparsa nella mia vita dell'Angelo Nero, il mio nume tutelare di lì in poi, il folle, l'irresistibile, l'indomabile, l'indescrivibile Michele Minesi.




Conobbi Michele da un'amica, una biondina, il mio tipo, un'universitaria conosciuta in uno dei pub che erano, da cinque anni,  dopo il Fungo e le auto dove spesso dormivamo, la nostra seconda casa. Nico aveva attaccato discorso; io sono sempre stato troppo pigro per fare troppi primi passi con le donne, ma in genere finiva che puntavano me. Ero il più ricercato della nostra brigata, perfino più del giovanissimo biondo etereo Luca, che pure era stato la passione per niente mascherata del mai compianto maitre gay, per il quale io invece ero risultato "troppo  alto" per piacergli, nonchè forse troppo, discretamente, ma inequivocabilmente, etero. Fu, come sempre, che alla fine la ragazza si mise con me, quasi mio malgrado; ma anche se non le cercavo molto attivamente, come tutti avevo bisogno delle donne e le accoglievo volentieri nella mia vita, fatto salvo che non durava mai troppo a lungo, io non davo affidamento, non avevo prospettive e non mancavano di rimproverarmelo tutte. Per questo erano sempre meglio le più giovani, ancora nel pieno della loro precaria avventurosità postadolescenziale, non ancora indottrinate di velleità carrieristiche e facili ai sogni che un uomo più grande ed esotico come me poteva suscitare. Ci mettevano più tempo a scoprire il vuoto dietro la bella facciata hollywodiana.
Non ho mai sofferto di impotenza fisica e ho sempre nutrito sani appetiti sessuali; credo che il mio atteggiamento verso l'altro sesso fosse invece  in fondo macchiato di una subdola impotenza esistenziale, una freddezza sentimentale appena addolcita dalla mia passività. Non ho mai avuto la sensazione di un minimo controllo sulla mia vita, forse per come la Storia l'aveva mutilata tanto precocemente; questa credo la  debolezza che ha sempre caratterizzato e alla fine della fiera condannato a morte tutte le mie relazioni sentimentali.

Lei abitava in quei suoi anni universitari un appartamento che divideva con delle colleghe a Via Goito, subito dietro Termini e a breve distanza dalla Sapienza, dove studiava Economia e Commercio. Il poco tempo libero che avevo lo trascorrevo da loro; fu quando partecipai ad una festa organizzata dagli studenti che abitavano tutto il palazzo, eccetto il piano nobile, che conobbi il proprietario dell'edificio, che lì saltuariamente risiedeva, Michele. Dove stava Michele non scarseggiavano mai droga e superalcolici per cui i ragazzi non mancavano di invitare alle feste il loro padrone di casa, che debitamente non arrivava a mani vuote.
Michele all'inizio divenne semplicemente uno dei nostri fornitori; i suoi allora per me implausibili ma poi confermati  contatti con la camorra napoletana gli garantivano un surplus che divideva volentieri con  noi ragazzi, pagando il dovuto s'intende. Non lo faceva per soldi, poichè, come avrei scoperto più tardi, era ricco di suo ed amava coltivare la sua ricchezza con ben altri traffici.  Aveva saputo che ero laureato in Filosofia come lui e mi aveva preso in simpatia, che con lui si traduceva in pesanti prese in giro e stralunati motti di spirito, piccole provocazioni in lingue filosofiche, per lo più tedesco, e citazioni varie anche a sproposito, in particolare Hegel. Mi chiamava Filosofo ed immancabilmente quando mi vedeva parodiava un vecchio sketch italiano degli anni 50 gridando" vieni avanti, Filosofo!". Ma mi faceva anche sconti generosi e mi invitava spesso con i compagni del ristorante ai suoi droga parties. Era e sarebbe stato sempre un uomo profondamente ed intrinsecamente solo.


Michele Minesi era il figlio unico  di un ebreo cipriota di origine italiana e di una dama di Foggia di antica famiglia seminobile. Era basso e tozzo, scuro di occhi e di capelli, un ventre prominente per i suoi cronici eccessi di cibo ed alcool, una bocca dalle grandi labbra rosse, modi sempre rumorosi e sopra le righe. Mi ricordava le statue di Priapo che ornavano i giardini pompeiani, trasudava la stessa animalesca indifferenziata incolpevole lascivia. Da entrambi i genitori aveva ereditato una notevole ricchezza ed una debolezza esistenziale che forse aveva le sue radici nell'insanabile conflitto tra la severissima educazione cattolica che aveva ricevuto dalla madre e le sue per lui inconfessabili e per lei inaccettabili tendenze omosessuali. Sobrio, parlava correntemente il francese, l'inglese ed il tedesco e abbastanza bene lo spagnolo e traduceva greco e latino all'impronta. Era un'ottimo epigrafista ed un bibliologo e filologo naturale. Aveva frequentato la Pontificia Università Gregoriana dove si era Laureato prima in Filosofia e poi in Teologia ed aveva intrecciato amicizie con parecchi futuri Principi della Chiesa, che non disdegnavano coltivare, nell'atmosfera ecumenica post Concilio, un cattolico di origine ebrea, ricco, perdipiù. Aveva anche seguito molti insegnamenti di Storia dell'Arte e Beni Culturali della Chiesa, essendo l'arte la sua vera passione, ereditata dal padre, commerciante in ori e argenti nuovi ed antichi.






 In quegli anni era entrato nel mercato dell'arte e seguendo la sua inclinazione aveva acquistato molto Seicento Napoletano, fin'allora alquanto sottovalutato. I capolavori di Luca Giordano, Salvator Rosa, Battistello Caracciolo e Giusepe de Ribera, che lui aveva amato, mi raccontava, per la loro opulenta sensualità ed i loro sanguinosi chiaroscuri, raggiunsero in seguito quotazioni così elevate da trasformarlo da persona facoltosa in uomo decisamente ricco. Amava l'arte ma non al punto di farsi sfuggire dei buoni affari e poi era molto volubile e cambiava preferenze facilmente. L'appetito per i libri, gli argenti e gli ori antichi, tuttavia, non l'avrebbe mai potuto soddisfare. Mi mostrò un giorno, estremamente felice e fiero, un nuovo acquisto, un uovo di Fabergè, sparito poi per sempre in una delle sue cassette di sicurezza, ricettato, forse? Michi era capace di questo e ben altro, era l'essere più innocentemente amorale che si potesse immaginare. Non concepiva la violenza fisica, il sangue, gli omicidi e il razzismo ma la sua etica si fermava lì.

Per tutta la vita avrebbe trafficato con l'arte, anche di dubbiosissima provenienza, cosa che l'avrebbe anche messo nei guai con la giustizia. Aveva passato qualche mese in carcere per ricettazione, e per traffico di stupefacenti, anche: la quantità di droga che gli avevano trovato in casa alla perquisizione era tale da  non poter essere considerata per uso personale da nessun giudice al mondo, benchè in effetti lo fosse.

2 comments:

Anonymous said...

conoscevo anch'io Michele Minesi e le informazioni pubblicate sono vere ma non complete.

XXXXXXXXX said...

questa è un'opera aperta ed in fieri, vorrebbe avere un carattere cooperativo, qualunque contributo o estensione o correzione è non solo bene accetto ma sollecitato per inciso vuole essere a suo modo un tributo a tante vite che non meritano di rimanere anonime per la loro eccezionalità e ciò vale in particolare per "Doctoro" MICHELE grazie